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Droni con Termocamera: funzionamento e utilizzi

Le immagini termiche rilevate tramite l’utilizzo di droni con termocamera stanno guadagnando, anno dopo anno, sempre maggiore popolarità. Grazie al continuo miglioramento tecnico degli UAS sui quali viene montata la termocamera, seguito da una maggior durabilità delle batterie con il conseguente aumento dei tempi effettivi di volo e, fattore non meno importante, grazie  alla qualità e alla portabilità dei droni con termocamera stessi, dei loro sensori e degli ottimi compromessi tra peso e caratteristiche tecniche che si trovano oggi in commercio, i droni sono diventati uno strumento diagnostico particolarmente vantaggioso in numerosi contesti. 

Diagnosi termiche in edifici residenziali alla ricerca di eventuali malfunzionamenti nell’isolamento o infiltrazioni dalle coperture. Diagnosi termiche nel campo dell’energia per garantire il buon funzionamento delle reti di distribuzione. Diagnosi termiche di coperture planari commerciali ed industriali. Diagnosi termiche di impianti fotovoltaici per garantirne la sicurezza e il buon funzionamento. Diagnosi termiche su condotti allo scopo di verificarne l’integrità. Senza dimenticare il prezioso contributo che è possibile fornire agli interventi dei Vigili del Fuoco e delle squadre di Ricerca e Soccorso. Questi sono solo alcuni degli scenari possibili grazie al contributo di UAS equipaggiati con una termocamera di nuova generazione.

Una premessa: questo articolo non vuole essere una disquisizione sul funzionamento tecnico di un drone con termocamera o scientifico sulle proprietà di calore e temperatura dei corpi, argomenti sui quali non abbiamo l’autorevolezza né le conoscenze necessarie per intervenire, tuttavia per comprendere l’utilità e la portata di uno strumento di questo genere è necessario trattare alcune nozioni tecniche e scientifiche di base, sulle quali non è possibile sorvolare. Lo faremo, sperando di riuscirci, nella maniera più semplice e comprensibile possibile.

Cominciamo dal principio. 

TEMPERATURA: CHE COS’E’?

La temperatura di un corpo non è altro che la misura dello stato di agitazione degli atomi che lo costituiscono. Viene riconosciuta come proprietà “intensiva” vale a dire una proprietà il cui valore non dipende dalla quantità o dalla dimensione del campione sulla quale viene rilevata, ma solamente dalle condizioni in cui si trova al momento del rilevamento. È rappresentata da una grandezza cosiddetta “scalare” ovvero che viene resa attraverso un numero reale associato ad un’unità di misura. Fahrenheit, Celsius e Kelvin sono tra le unità di misura più diffuse. La temperatura di un corpo è rilevabile tramite l’utilizzo di diversi metodi, ognuno dei quali a  sua volta si avvale di differenti strumenti: termometri a liquido, a gas, termistori, pirometri. Tuttavia il metodo che andremo ad analizzare in questo articolo è quello tramite il quale è possibile misurare la temperatura attraverso le radiazioni elettromagnetiche naturalmente emesse da un corpo, le quali variano, nei suoi vari punti, proprio in base alla temperatura stessa. Queste radiazioni vengono rilevate da speciali termometri che acquisiscono dati nella banda dell’infrarosso (vedi più avanti) dello spettro di radiazioni elettromagnetiche, per poi trasformarli in immagini. Questi termometri altro non sono che i droni con termocamera, i quali sfruttano questa tecnica di misurazione che prende il nome generico di “termografica”.

CHE COS’E’ LA TERMOGRAFIA?

La termografia è una tecnica di analisi cosiddetta “non distruttiva”, vale a dire che non modifica in alcun modo il corpo sul quale l’analisi viene effettuata. Come abbiamo visto questa tecnica si basa sull’acquisizione di immagini nello spettro dell’infrarosso. Queste analisi, nel caso di nostro interesse, vengono effettuate tramite “telerilevamento” cioè tramite un sensore (facente parte di una termocamera per l’appunto) posto a distanza più o meno ampia dal corpo da analizzare.

Come abbiamo già avuto modo di dire, i droni con termocamera sono in grado di rilevare la temperatura tramite la misurazione delle radiazioni elettromagnetiche. Tali radiazioni vengono emesse in un ampio spettro di frequenze che prende il nome di “spettro elettromagnetico” convenzionalmente suddiviso in spettro “visibile”, percepibile ad occhio nudo e spettro “invisibile”, precluso invece all’occhio umano. Parte di questa radiazione presente nello spettro invisibile viene denominata “infrarossa” o “radiazione infrarossa” o più semplicemente “IR” (Infrared Radiation).

Proprio questa radiazione, invisibile all’occhio umano, è quella che i droni con termocamera sono invece in grado di rilevare, misurare e restituire visivamente e graficamente in vari modi.

Procediamo ancora più a fondo.

LA TERMOCAMERA

La termocamera non è altro che una fotocamera del tutto simile a quelle che conosciamo nel nostro quotidiano, con la differenza che invece di leggere gli spettri visibili delle radiazioni elettromagnetiche, così come fa l’occhio umano, legge unicamente lo spettro dell’infrarosso non visibile ad occhio nudo. 

Questo è possibile grazie ad una speciale lente che permette alle radiazioni infrarosse di passarvi attraverso per essere lette da un sensore il quale, a sua volta, le trasmette ad un processore di immagini che ha il compito di elaborarle e di restituirle a monitor, in tempo reale, in quello che viene comunemente chiamato “termogramma” o “immagine termica”

Il sensore in grado di leggere le radiazioni infrarosse, la parte più importante dunque dell’intero processo, prende il nome di “microbolometro”. Il microbolometro altro non è che un insieme di pixel. Senza entrare nel dettaglio del processo costruttivo, che comunque è differente a seconda dei produttori, la produzione dei singoli pixel che compongono il microbolometro ha un costo nettamente superiore rispetto a quello delle camere classiche RGB. Motivo per cui, al netto di possedere una risoluzione decisamente inferiore, le camere termiche hanno costi decisamente più elevati.  Inoltre i pixel che compongono il microbolometro sono a tutti gli effetti più grandi nelle dimensioni e, pur essendo stati ridotti dall’avanzare della tecnologia, occupano una superficie maggiore. Ultimo ma non meno importante, ridurre la dimensione dei pixel del microbolometro in maniera eccessiva per aumentare la risoluzione della camera porta ad una minore efficienza: pixel troppo piccoli risultano essere meno sensibili ed efficienti  nella lettura delle radiazioni infrarosse.

Una differenza che può tornare utile sapere, anche se non di interesse primario nel nostro caso, è quella che esiste tra camere cosiddette “cooled” ovvero dotate di un sensore raffreddato e camere “uncooled” cioè dotate di un sensore non raffreddato che lavora quindi a temperatura ambiente. Le prime (cooled) sono senza ombra di dubbio le più performanti oltre che le più costose e, a differenza delle uncooled, hanno il sensore rinchiuso in un guscio che lo raffredda a temperature molto basse (circa -200°C) in modo da garantire che il sistema non possa essere influenzato da fattori esterni, processo di funzionamento della termocamera incluso. Tuttavia per questioni di compattezza, costo, peso e manutenzione non vi sono UAS in commercio che montano camere con questa tipologia di sensori.

Un’altra importante differenza da conoscere è quella che esiste tra i droni con termocamera “radiometrica” e “non radiometrica”.

Questa differenza risulterà più chiara in seguito, quando andremo ad analizzare i principali fattori esterni che vanno ad influenzare la lettura dei termogrammi.

In sintesi: i droni con termocamera radiometrica permettono una regolazione approfondita dei parametri nel momento in cui le foto (o i filmati) vengono consultati. Emissività, riflessività, temperatura, distanza ed altro ancora, a seconda del modello di camera e del software utilizzato, possono essere modificati per rendere i dati rilevati il più possibile aderenti alla realtà. Ogni pixel di cui è composto il termogramma viene modificato sulla base di queste informazioni, motivo per cui è possibile, per ogni singolo pixel appunto, rilevare la temperatura più corretta possibile.

I droni con termocamera non radiometrica forniscono invece, molto più semplicemente, una singola immagine a rappresentare l’intensità della radiazione della scena catturata senza alcuna possibilità di intervenire a posteriori, tramite software, su alcun parametro. Il risultato è quindi un’immagine (.jpg il più delle volte) con aree diverse visualizzate con uno schema prescelto in “falsi colori” da confrontare con una scala presente sull’immagine stessa.

LA LETTURA DELLE IMMAGINI

Vi siete mai chiesti come mai i termogrammi elaborati dalle camere siano visualizzati a volte in bianco e nero, altre a volte in varie scale di grigio o altre volte ancora in scale di colori che spaziano dal rosso, all’arancione, al giallo fino all’azzurro e al blu?

Abbiamo appurato che lo scopo dell’intero processo è quello di leggere radiazioni elettromagnetiche normalmente invisibili all’occhio umano, elaborarle e tradurle in immagini visibili su di un monitor monocromatico o, nella stragrande maggioranza dei casi, a colori.

Questi schemi, tramite i quali vengono visualizzate le immagini, prendono il nome di “falsi colori” perché non rappresentano i colori reali degli oggetti analizzati, ma delle scale cromatiche fittizie scelte, di volta in volta, dall’operatore sulla base di quelle che risultano più o meno adatte al compito da eseguire ed allo scopo del rilevamento.

Vediamo alcuni tra gli schemi più utilizzati.

termocamera whitehot

White Hot

Il più comune ed il più diffuso, anche  a livello mediatico. L’immagine è costruita attraverso uno schema a due colori. Gli oggetti più caldi appaiono in bianco e quelli più freddi in nero. In mezzo si trova tutta la scala di grigi ad indicare le temperature intermedie. Le immagini risultano molto chiare e chi guarda non viene confuso da una gamma di colori troppo ampia e brillante. Ideale per le operazioni di ricerca e soccorso e per scenari con elementi in movimento.

termocamera blackhot

Black Hot

Analogo al precedente ma in versione esattamente inversa. Oggetti caldi in nero dunque ed oggetti freddi in bianco con nel mezzo tutta la scala di grigi. Spesso utilizzata dalle forze di polizia.

termocamera ironbow

Ironbow

Altro schema molto diffuso, forse il più utilizzato da chi si occupa di termografia a livello professionale. Lo schema prevede che gli oggetti caldi vengano visualizzati in colori chiari e quelli freddi in colori più scuri. Utile per identificare velocemente anomalie termiche di un certo rilievo o per visualizzare l’impronta termica lasciata da essere viventi.

termocamera rainbow

Rainbow

Come preannuncia il nome stesso aggiunge allo schema una gamma più ampia di  gradazioni di colore.  Le immagini risultano più confuse ad una prima occhiata ma molto utili se si è alla ricerca di variazioni di temperature minimali.  Per maggior chiarezza viene  spesso affiancata, anche in tempo reale, a un’immagine ripresa da una camera tradizionale.

termocamera arctic

Arctic

Schema che identifica i colori caldi tramite gradazioni di oro e quelli freddi con gradazioni di blu. La sua forza sta nell’immediatezza della lettura.

termocamera isotherm

Isotherm

Utilizzato nei casi in cui si deve andare alla ricerca di temperature che rientrano in un determinato intervallo programmato in precedenza dall’operatore. Vengono così evidenziate solo le zone al di fuori di questo intervallo. Molto utile a livello industriale per rilevare eventuali anomalie nel momento in cui si conoscono le specifiche tecniche degli oggetti analizzati. Utilizzato anche dai Vigili del Fuoco per capire nell’immediato quali siano i punti più caldi di un incendio o se vi sia possibilità di una ripresa delle fiamme. Utilizzato in maniera inversa, può essere utile per identificare aree al di sotto di una certa soglia di temperatura a causa, ad esempio, di eventuali perdite di liquidi.

Sembra semplice?

Bene, non lo è.

COSA INFLUENZA LE LETTURE TERMICHE?

Leggere con perizia un’immagine termica richiede molta attenzione poiché l’analisi finale è influenzata da diversi fattori. Tenere in considerazione tutti questi fattori è un dovere per chiunque voglia fare un rilievo termografico che possa portare all’acquisizione di informazioni, il più accurate possibili, sulla temperatura reale degli oggetti posti sotto analisi.

Diversamente, non è necessario se lo scopo dell’analisi è puramente qualitativo, ovvero se l’intento è capire, in maniera generica, se e dove viene superata una determinata soglia di temperatura, oppure se è necessario andare alla ricerca di un elemento particolarmente caldo (o freddo) in un determinato contesto, oppure ancora se e’ necessario capire dove vi siano delle differenza di temperatura significanti tra vari soggetti di analisi. 

Un esempio potrebbe essere l’utilizzo della termocamera per motivi di Ricerca e Soccorso:  in questo caso l’interesse primario non è quello di valutare una temperatura precisa, piuttosto quello di distinguere una traccia termica all’interno di un preciso contesto.

Nel caso invece fosse necessaria un’analisi quantitativa, ovvero un’analisi dove si renda necessario produrre dei rilevamenti di temperatura il più possibile vicini alla realtà, il discorso cambia non poco: è infatti d’obbligo prendere in considerazione una serie di fattori che andremo a discutere qui di seguito.

Vediamo quali sono i più comuni e determinanti.

fattori che influenzano la lettura della termocamera

Emissività

L’emissività è la misura dell’efficienza con la quale una determinata superficie trasmette energia termica confrontata con quella di un fittizio emettitore perfetto che prende il nome di “corpo nero”. Il “corpo nero” ha per convenzione un’emissività pari a 1.0 , un corpo dunque totalmente opaco in grado di non riflettere nessun tipo di luce. Dall’altra parte della scala con un emissività di 0.0 dovrebbe dunque trovarsi un corpo totalmente riflettente. Facciamo un esempio: l’ottone lucido (molto riflettente) ha un’emissività bassissima pari a circa 0.03 mentre i mattoni di una casa con una finitura rugosa hanno un emissività al contrario molto alta, di circa 0.91.

Al netto di tutti gli altri fattori, la temperatura rilevata su di un corpo con un’alta emissività sarà più vicina alla temperatura reale di quell’oggetto, d’altro canto, allo scendere del valore di emissività verranno rilevate sugli oggetti temperature via via minori, cioè più fredde, rispetto a quelle reali.

Ma da cosa è determinata l’emissività?

Da molte cose, tuttavia quelle che incidono in maniera più significativa sono il materiale di cui l’oggetto è composto e la finitura della sua superficie.

Materiali organici quali la pelle umana, il terreno (inteso come terra vera e propria), il legno o le rocce sono tipicamente ad alta emissività, mentre materiali per loro natura più lucidi, come la maggior parte dei metalli, sono tipicamente a bassa emissività.

Su tutti i materiali inoltre va ad incidere la finitura della loro superficie: liscia o rugosa, lucida o satinata, naturale o levigata e via dicendo.

Esistono tabelle di riferimento con le quali confrontarsi per modificare il settaggio della termocamera (solamente di quelle radiometriche come visto in precedenza) a seconda dell’interesse specifico del singolo rilievo e rendere di conseguenza i dati ottenuti il più possibile vicini alla temperatura reale.

Questo tipo di valutazione, specialmente in indagini di tipo quantitativo, non deve essere mai ignorata.

Di seguito proponiamo una tabella con i valori di emissività dei materiali più comuni.

emissività materiali termocamera

 Se volete approfondire questo argomento osservando un’esperimento tanto semplice quanto interessante che spiega in maniera pratica quanto abbiamo detto sopra potete farlo guardando questi  brevi video.

L’esperimento del Cubo di Leslie consiste in un cubo fatto di un unico metallo (alluminio solitamente) riempito di acqua calda, così da avere la ragionevole certezza che tutte le sue facce presentino la stessa temperatura. Queste facce vengono poi trattate in maniera differente (graffiate, verniciate, ricoperte) e su ognuna di esse, pur trattandosi dello stesso materiale di base, vengono rilevate temperature anche notevolmente differenti tra loro, a dimostrazione di quanto l’emissività e la finitura dei materiali siano rilevanti in questo tipo di processo di analisi.

In conclusione, su materiali con un’alta emissività (maggiore di 0.8) è possibile rilevare la temperatura in maniera molto efficiente tramite l’utilizzo di una termocamera radiometrica.

Su materiali con una emissività media (tra 0.6 e 0.8) è possibile misurare la temperatura in maniera ragionevolmente efficiente.

Su materiali con bassa emissività (minore di 0.6) risulta complesso avere un rilievo termografico affidabile. La misurazione è chiaramente possibile ma i risultati vanno obbligatoriamente messi in discussione.

Riflettività

Abbiamo dunque visto come un materiale a bassa emissività sia di conseguenza anche un materiale ad alta riflettività, che rende la vita difficile a chiunque voglia cimentarsi nella misurazione della sua temperatura.

Facciamo un esempio limite: prendiamo una lastra di acciaio inox e posizioniamola su di un tetto per poi provare a rilevarne la temperatura con la nostra termocamera. L’acciaio ha una emissività di 0.20 e dunque una riflettività di 0.80 molto alta. Una misurazione eseguita in queste condizioni non produrrebbe la misura reale della temperatura della lastra ma, in larga parte (80% circa per l’appunto), la misurazione della temperatura riflessa dall’ambiente circostante (dal cielo in questo caso essendo la nostra lastra appoggiata su di un tetto). 

Ora, il cielo limpido può riflettere una temperatura molto variabile a seconda dell’ora del giorno, della temperatura e delle condizioni atmosferiche, arrivando a raggiungere anche i -20°C.  Nel peggiore dei casi, la camera potrebbe rilevare direttamente i bagliori solari riflessi dalla nostra lastra fornendo di conseguenza risultati con margini di errori altissimi, nell’ordine delle decine di gradi centigradi.

Ma allora come è possibile mitigare gli errori in casi simili?

In primo luogo è consigliabile basare la propria indagine su una serie più consistente di immagini di quanto non si farebbe in circostanze più regolari. Queste immagini vanno catturare possibilmente da differenti angolazioni, anche se mai da angoli eccessivamente obliqui (un angolo di circa 50° viene nella maggior parte dei casi considerato ottimale). 

Con una serie di immagini acquisite seguendo questi parametri è possibile eseguire una comparazione delle une con le altre in modo da ridurre, in maniera considerevole, eventuali errori.

In ultimo, ma altrettanto importante, è consigliabile non effettuare misurazioni perpendicolari per evitare che il riflesso della camera stessa diventi un ulteriore fattore di disturbo.

Per approfondire ulteriormente la vostra analisi è possibile utilizzare quelle che vengono comunemente chiamate “patch di misurazione”. Descriviamo, qui di seguito, questi metodi brevemente ed in forma semplificata perché risultano di difficile, anche se non impossibile, applicazione nei rilievi termografici effettuati tramite drone.

Per quanto riguarda la misurazione della temperatura riflessa viene comunemente utilizzato un foglio di alluminio accartocciato e poi di nuovo disteso su di un pannello rigido, in modo da creare un “riflettore” (una sorta di specchio rotto che riflette verso la termocamera da tutte le angolazioni possibili) da posizionare all’interno della scena. A questo punto, impostando l’emissività a 1 ed effettuando una misurazione otterremo il valore della temperatura riflessa il quale, inserito nei parametri della termocamera, permetterà di rendere la nostra misurazione più corretta e ripulita da questo fattore.

Per quanto riguarda l’emissività invece, la patch di misurazione più adeguata e comunemente utilizzata è il PVC nero, ovvero il nastro da elettricista (di buona qualità). Questo ha infatti una emissività nota e riconosciuta di 0.95. Viene quindi misurata (dopo aver inserito i parametri di temperatura riflessa come visto in precedenza) la temperatura della patch di PVC con emissività 0.95 ed immediatamente dopo quella del materiale interessato. A questo punto si varia il valore di emissività impostato fino a che le temperature rilevate della patch e del soggetto coincidono perfettamente:  l’ultimo valore inserito, quello cioè tramite il quale le due temperature coincidono, sarà la corretta emissività del nostro soggetto.

Entrambi questi procedimenti vengono di norma effettuati tre volte, per poi fare una media dei risultati ottenuti.

Trasmittanza

Più semplice da analizzare (ai nostri fini, sia chiaro) è il concetto di trasmittanza. La trasmittanza è la capacità di un determinato materiale di essere attraversato dalle radiazioni infrarosse e di trasmettere dunque, nel caso di un alta trasmittanza, le radiazioni del materiale posto subito al di sotto. Questo, come è facile intuire, potrebbe creare un effetto a catena che andrebbe ad inficiare in maniera considerevole il lavoro di qualunque rilievo di tipo quantitativo.

Per nostra fortuna la maggior parte dei materiali non consente (o lo consente in minima parte) il passaggio delle radiazioni infrarosse, per cui, ai fini di un’analisi termografica, questo valore può essere ignorato nella quasi totalità dei casi, in quanto prossimo allo zero. E’ tuttavia importante tenere presente che il concetto di trasmittanza è fondamentale nelle indagini edili sulla dispersione di calore e viene eseguito tramite un processo che coinvolge, ma che non vede come attore principale, l’uso di una termocamera.

Atmosfera

La termografia eseguita con l’aiuto di UAV non può chiaramente prescindere dai fattori atmosferici presenti al momento dei rilevamenti. L’atmosfera terrestre infatti interferisce con il processo di acquisizione di radiazioni elettromagnetiche assorbendo o, in altri casi, emettendone essa stessa in tutti gli spettri, compreso quindi anche quello dell’infrarosso. Questo avviene sulla base di diversi fattori: densità dell’aria, umidità relativa, distanza. Il modo migliore per mitigare questi elementi è quello di tenere in enorme considerazione proprio quest’ultimo fattore: la distanza.

Distanze minori, infatti, risultano portare a margini di errori più contenuti.

Vanno chiaramente evitate le situazioni in cui tra la camera e l’oggetto dell’analisi siano presenti fumo, neve, polvere o qualsiasi altro elemento oscurante che possa ridurre la trasmissione, attraverso l’atmosfera, delle radiazioni elettromagnetiche.

Infine, è bene ricordare che le misure della temperature vengono effettuate sulle aree superficiali degli oggetti di analisi e che, per questo motivo, la presenza di vento, se freddo in particolare, può essere un fattore da tenere in considerazione nel processo di determinazione di una corretta temperatura.

QUALI SONO LE PRINCIPALI APPLICAZIONI?

Ma quali sono le principali applicazioni della termografia eseguita tramite l’utilizzo di Unmanned Aerial System?

Vediamone alcune.

Termo diagnostica di edifici residenziali

Sin da quando la termografia ha iniziato a diventare un campo di interesse significativo nel corso degli anni ‘60, la diagnostica degli edifici residenziali è balzata in cima alla lista delle applicazioni di tipo commerciale. Seppur con le dovute limitazioni imposte dalle tecnologie dell’epoca, le camere termiche erano già in grado di rilevare problemi costruttivi e manutentivi altrimenti invisibili all’occhio umano.

Oggigiorno, con l’avanzare della tecnologia, i droni con termocamera più moderni sono stati in grado di integrare nei rilievi e di conseguenza nelle analisi sempre maggiori particolari. Ad oggi è possibile rilevare con una certo grado di sicurezza l’eventuale presenza di ponti termici tra interno ed esterno di un edificio, eventuali perdite o infiltrazioni d’acqua causate dalla rottura di impianti o da danni alla copertura dell’abitazione. 

Un’indagine termografica può mettere in evidenza pose più o meno maldestre o addirittura danni riportati da un “cappotto termico”. L’isolamento a cappotto è uno strumento per la coibentazione termica molto richiesto in questi ultimi anni, ma se posato in modo scorretto o realizzato utilizzando materiali di scarsa qualità può creare, nel tempo, molti più problemi rispetto ai benefici di efficientamento energetico.

In questi casi, immagini termografiche, anche di solo tipo qualitativo, possono facilmente rilevare eventuali problemi ed essere usate per indagarne le cause, analizzarli e correggerli.

Termo diagnostica nell’ingegneria energetica

Il consumo di energia elettrica è, da diversi decenni, in costante crescita e come possiamo facilmente intuire guardandoci intorno, lo sarà ancora di più in quelli a venire.

Produrre elettricità per soddisfare il fabbisogno quotidiano richiede reti di trasmissione complesse, in funzione 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno. Queste reti naturalmente risentono sia dell’invecchiamento naturale dovuto all’età, sia all’usura dovuta all’attacco costante di elementi climatici. I guasti hanno spesso un impatto enorme sulla vita di tutti i giorni e sulla catena produttiva della quasi totalità delle attività moderne, portando a black-out e, nei casi peggiori, a incendi anche di grandi e gravi proporzioni. La diagnostica a scopo preventivo tramite camere termografiche ha un ruolo fondamentale in questo settore e il metodo migliore per svolgere questo tipo di indagine è avere a disposizione un drone con termocamera in modo da poter ispezionare i vari asset da punti di vista il più ravvicinati possibile, mantenendo nel contempo il personale con i piedi saldamente a terra. In questo modo è possibile riscontrare eventuali problemi di surriscaldamento o di dispersione nella rete di distribuzione che, nel tempo, possono portare a malfunzionamenti o, nel peggiore dei casi, al propagarsi di incendi. In questo tipo di ispezioni, nella maggior parte dei casi, gli elementi da verificare sono posti in luoghi e ad altezze di difficile accesso oppure, come nel caso delle centrali di trasformazione, coprono un’area di notevole vastità. Risulta evidente quindi che l’utilizzo di droni con termocamera sia la scelta più sicura, rapida e meno costosa.

Altro evidente vantaggio nel loro utilizzo è la possibilità di effettuare indagini su impianti a pieno carico operativo senza dover ridurre la loro capacità per questioni di sicurezza legate al lavoro di ispezione: anzi, il fatto di operare a pieno regime rende i controlli ancora più accurati ed aderenti alla realtà.

Termo diagnostica di tetti planari orizzontali

Negli ultimi decenni le tecniche ed i materiali per l‘isolamento degli edifici contro gli agenti atmosferici hanno fatto passi da gigante. Questi progressi hanno permesso alla progettazione architettonica, specialmente di tipo commerciale e industriale, di fare largo utilizzo di strutture prefabbricate con tetti planari orizzontali. Realizzabili con meno risorse, sia fisiche che progettuali, oltre che in maniera notevolmente più rapida, più resistenti allo scorrere del tempo e alla furia degli elementi, queste coperture richiedono un minore intervento in termini di manutenzione e danno la possibilità di essere utilizzate, con maggior facilità, per la disposizione di elementi tecnici ed illuminanti quali pannelli solari, attrezzature tecniche per il riscaldamento e raffreddamento e gestione della luce naturale. 

Tuttavia, anche i tetti meglio costruiti hanno bisogno di controlli nel tempo  in ottica di una manutenzione preventiva. Il problema più frequente in questa tipologia di coperture è legato agli elementi atmosferici ed in particolare all’acqua piovana che può infiltrarsi, anche in maniera superficiale, al di sotto degli strati isolanti e portare, nel tempo, a problemi di condensa o, in casi estremi, ad un sovraccarico in termini di peso della struttura stessa.

Indagini dettagliate, svolte in maniera tradizionale, alla ricerca di questa tipologia di problematiche sono  piuttosto complesse per svariate ragioni: in primis per la dimensione stessa delle coperture spesso molto estesa, secondariamente, ma altrettanto importante,  per il fatto che le infiltrazioni di acqua possono non lasciare tracce dirette facilmente visibili ad occhio nudo.

I droni dotati di termocamera possono svolgere un eccellente lavoro in relazione a questo tipo di problematiche, grazie alla loro capacità di rilevare la differenza di temperatura che si viene a creare tra una porzione di copertura asciutta ed una che è stata penetrata dall’umidità e nei casi più eclatanti può essere possibile determinare con una certa precisione anche la dimensione dell’area interessata dal problema.

La logica dietro questo tipo di diagnostica si basa sul fatto che le parti interessate dal problema, a causa dell’umidità, si riscaldano e raffreddano con tempi più dilatati rispetto a quelle sane e dunque tendono ad essere più visibili in specifici momenti della giornata: al tramonto, ad esempio, quando la temperatura della copertura sarà maggiore per avere ricevuto il sole dell’intera giornata, oppure immediatamente dopo le precipitazioni, in fase di asciugatura, dove le parti infiltrate tenderanno a rimanere umide per un tempo maggiore mantenendo così una temperatura diversa da quelle sane.

Durante la stagione più calda, quando all’interno della struttura sono in funzione gli impianti di raffreddamento, è inoltre possibile utilizzare sistemi UAS dotati di termocamera per individuare con precisione la presenza di “ponti termici” in aree della copertura isolate in maniera non efficace a causa dell’usura o di una cattiva progettazione e messa in opera.

Termo diagnostica di impianti fotovoltaici

Le fonti di energia rinnovabile sono, da molti anni, in costante crescita. In Italia è principalmente l’energia solare a vantare il maggior numero di impianti sul territorio. La posa, il funzionamento e la manutenzione di un impianto fotovoltaico tuttavia sono una materia più complessa di quanto non possa sembrare a prima vista. Per quanto riguarda la fase di ispezione e di manutenzione, sia preventiva che predittiva, è ormai assodato che il sistema più veloce, più sicuro e meno costoso sia quello di affidarsi ad un sistema UAS dotato di camera termica. 

Difetti di fabbricazione, incidenti quali celle graffiate, incrinate o rotte, manutenzione blanda con conseguente accumulo di sporco o detriti sono tutte cause che, se sommate insieme, diminuiscono in maniera considerevole l’efficienza dei pannelli, andando a creare quelli che vengono comunemente chiamati “Hot Spot” ovvero “punti caldi”. Il differenziale termico di queste celle con quello delle celle funzionanti può raggiungere e a volte superare anche i 50°C creando nel tempo danni irreversibili alle singole celle quando non all’intero pannello; nei casi peggiori può essere  addirittura causa dell’innesco e del propagarsi di veri e propri incendi. Visto l’importante differenziale di temperatura alla quale sono soggetti, gli Hot Spot sono facilmente individuabili tramite l’utilizzo di una termocamera attraverso una analisi anche di solo tipo quantitativo.

Senza dimenticare che l’uso di droni, grazie alla loro versatilità, porta ad una drastica diminuzione delle tempistiche di ispezione, permette di eseguirle da un punto di vista ottimale, stimato tra i 70° ed i 90°, altrimenti impossibile da raggiungere ed offre l’opportunità di raggiungere strutture  installate in luoghi scomodi o, ancora peggio, pericolosi.

E’ importante infine valutare il momento ideale per questo tipo di analisi che, in situazioni normali, viene identificato per convenzione alla presenza di una temperatura dell’aria intorno ai 25°C ed un’intensità dei raggi del sole di circa 1000W/m², il che equivale ad una giornata primaverile in condizioni di tempo sereno, quando il sole è allo zenit, il momento cioè in cui il rendimento dei pannelli è sufficientemente alto da rendere visibile ogni tipo di difetto.

Termo diagnostica di condotti

Le “pipeline” o condutture vengono utilizzate per il trasporto di elementi fluidi, gassosi o di miscele di questi ultimi con elementi solidi. Sono strutture che possono snodarsi in percorsi brevi fino a raggiungere anche svariate centinaia di chilometri. Le ispezioni termiche sono da sempre un metodo efficace per il loro controllo dato ché la temperatura dei prodotti trasportati differisce da quella dell’aria circostante e di conseguenza da quella della parte esterna delle condotte stesse. In questo modo è possibile individuare con buona accuratezza, sempre tramite un’attenta pianificazione, eventuali difetti nell’isolamento durante le tratte così come, ancora con più precisione, eventuali perdite. In particolari condizioni è possibile ricercare e localizzare anche perdite nelle tratte dove i condotti viaggiano al di sotto della superficie.

Le tipologie che possono essere ispezionate sono di diversa natura: condotte di acqua calda, di acqua potabile, condotte di vapore, di petrolio greggio, di gas, condotte in stabilimenti chimici, alimentari o agricoli. Il fattore comune di tutte queste pipeline è di essere dotate di un adeguato isolamento per essere completamente sigillate dall’esterno, poiché le perdite di materiale trasportato possono provocare non solo un danno economico ma, in alcuni casi, ingenti danni all’ambiente. L’isolante ha proprio questa funzione di sicurezza ma indirettamente trasferisce energia termica al materiale che trasporta aiutando, in modo considerevole, il processo di diagnosi della termocamera.

Queste condotte, specialmente nelle parti che corrono al di sopra della superficie, sono soggette a molteplici sollecitazioni dovute al clima caldo o freddo, agli agenti atmosferici avversi, a danni di tipo meccanico ed anche, purtroppo, a danni intenzionali oltre che all’usura naturale del tempo ed a quella accelerata causata dal trasporto di materiali aggressivi.

Per questi motivi è necessaria una manutenzione continua ed efficace. Queste ispezioni tuttavia si portano appresso un certo livello di sfida quando non di rischio. Le condutture sono spesso situate sotto la superficie del suolo oppure, nella maggior parte dei casi, sono dislocate per centinaia di chilometri, spesso in zone con un accesso limitato o dove la campagna circostante è pressoché impenetrabile. Tutto ciò rende l’avvicinamento molto problematico se non a tratti impossibile. Non è quindi fisicamente possibile controllare ogni metro di condotto visivamente ed i sistemi di ispezione incorporati come misuratori di pressione, di temperatura o di flusso, oltre ad avere essi stessi bisogno di manutenzione, spesso non rendono dati completi e precisi quanto servirebbe.

Risulta evidente quindi come l’utilizzo di un UAS dotato di termocamera, possibilmente affiancata ad una camera RGB classica, sia la soluzione ideale per questo tipo di ispezione. E’ possibile programmare voli esattamente al di sopra del percorso della condotta, registrando video o scattando foto utili poi a comporre un fotomosaico dell’intera lunghezza oppure, il volo può essere monitorato, in diretta e in sicurezza, da un tecnico che potrà decidere di effettuare un intervento mirato solo nel caso in cui venga rilevato un possibile difetto dalla termocamera.

Termo diagnostica per combattere gli incendi

Le camere termiche forniscono da diversi anni un aiuto fondamentale al corpo dei Vigili del Fuoco nelle operazioni di controllo, valutazione e spegnimento degli incendi . Di fatto sono un booster eccezionale per quanto riguarda la “Situational Awareness” ovvero “Consapevolezza della  Situazione”.

In uno scenario dove i droni con termocamera non sono presenti, i soccorsi anche dopo essere giunti sul posto, dispongono di informazioni estremamente limitate sulla portata dell’incendio, sui danni già subiti dalla struttura e su eventuali persone intrappolate nelle fiamme. Questo tipo di analisi viene affidata esclusivamente alla bravura e all’esperienza del personale presente al momento. 

Lo scenario cambia in maniera drastica quando viene inserito un sistema UAS dotato di termocamera.

Le immagini termiche permettono di “vedere” in tempo reale attraverso le cortine di fumo, indipendendentemente dal loro spessore, rendendo così possibile l’individuazione di quelle aree nelle quali l’incendio raggiunge le temperature più elevate, così da creare nell’immediato un piano di primo intervento nella maniera più informata possibile fino a prevedere, con un ragionevole margine di sicurezza, dove e se l’incendio andrà a propagarsi.

Non solo: è possibile anche rilevare le tracce termiche di essere umani o animali eventualmente intrappolati dalle fiamme anche e soprattutto nei piani più alti dell’edificio e facilitarne il salvataggio. Allo stesso modo è possibile leggere la traccia termica del personale delle squadre di Vigili del Fuoco schierate sul campo in modo da verificarne il posizionamento in tempo reale per un migliore coordinamento dell’intervento.

I sistemi UAS dotati di termocamera più all’avanguardia sono facilmente trasportabili in una semplice custodia rigida antiurto dal peso e dalle dimensioni estremamente contenute e, una volta arrivati sul posto, possono essere resi operativi nel giro di pochi minuti in situazioni dove, nella maggior parte dei casi, si lotta contro il tempo per salvare vite umane.

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